lunedì 4 luglio 2011

Il più leggiadro salice

Prendimi
come fine pioggia,
triste freddo brivido
oltre le mani pensanti
e un fiore innocente,
colpevole di crescere
solo, di amare quel vuoto.
Parlami
come brezza notturna,
Luna dai mille incanti
sovrana dell’infinito:
hai ancora un canto,
una breve melodia
per sbocciare eterno?
Ho ucciso le nere nubi
e dentro graffia, duole:
vita o quieta morte
non importa al viso
puerile che modella,
dipinge il suo castello,
che siano mille anni,
che sia un lesto attimo:
lo sguardo verso te.
E rinascere.
E non credere mai
d’esserti perfetto.
E non pensare mai
d’averti scalfito.
Vorrei poter divenire
un dolce mandorlo,
ma son sempre grato
d’apparire un salice:
piangente o fragile,
sarò per tuo amore
il più leggiadro
tra coloro tutti.
Perchè t’appartengo
nel mio ondulare,
perchè m’appartieni
nel tuo sognare.

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